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La Belva, recensione del film d’azione italiano su Netflix

Avviso: No spoiler! Disponibile dal 27 novembre su NetflixLa Belva“, action movie italiano di Ludovico Di Martino che sarebbe dovuto transitare in sala per tre giorni. Ecco il trailer:

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Fabrizio Gifuni è un grande attore italiano, purtroppo molto sottovalutato e poco utilizzato. Dopo le ottime prove ad inizio 2000 (Sole negli occhi, La meglio gioventù), si riscatta solamente a 46 anni con il David conquistato per Il capitale umano (2014) dopo il quale però gira solo quattro film e la fiction del 2018 su Pippo Fava. Davvero un peccato. Anche perché La Belva funziona molto grazie a lui, al punto che avremmo voluto sapere di più sul personaggio e sul suo soprannome; la storia lo lascia solo intuire. Come spesso accade è la sceneggiatura ad avere gli unici punti deboli del film, insieme ad alcuni momenti eccessivamente flemmatici, caratterizzati da dialoghi bisbigliati al limite dell’udibile, lunghi silenzi e domande senza risposte. Bisogna che i giovani registi comincino a capire – magari leggendo le critiche, che male non fanno – che dialoghi del genere non favoriscono necessariamente tensione, empatia, intrigo, emozione.

Fabrizio Gifuni

La belva ci piace perché il realismo è gestito decentemente: avremmo voluto più fantasia e originalità ma nonostante ciò l’eroe che prende tante mazzate (proiettili compresi) e respira affannosamente arrancando, salvato più volte dal Deus Ex Machina che dal suo essere invincibile appare più umano. In fondo il film è la storia di un padre di famiglia con rapporti delicati con moglie e figli ma ben vengano le produzioni che invece di farne sempre drammi e commedie ritornano agli amati generi del cinema. Gli americani sono senz’altro più ricchi e capaci ma i francesi hanno dimostrato di non essere da meno con la serie di film Taken (il primo del 2008 si intitola da noi Io vi troverò) con un Liam Neason incazzato nero. Perché non provarci anche noi? Del resto i modelli sono ancora quelli agli albori del genere, ovvero quando negli anni 80 il genere poliziesco è giunto al parossismo mescolandosi coi film d’avventura e di guerra. Come Schwarzenegger in Commando anche Gifuni deve ritrovare la figlioletta rapita e come Stallone in Rambo è un reduce di guerra con problemi di rinserimento nella società, ricordi (flashback) di terribili torture, in grado di ricucirsi da solo una ferita. Ci sono voluti anni ma qualcuno si è reso conto che dopo il Vietnam ci sono state guerre dopo guerre alle quali abbiamo preso parte anche noi italiani.

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Il film ha buoni effetti sonori, una scelta di location davvero ottima (compresa la villa del cattivo con scalinata infinita alla Scarface) e un gran bel casting composto dall’ispettore Lino Musella (Favolacce e tanti film in uscita), il figlio Mattia Emanuele Linfatti (Martin Eden) e il bravissimo Andrea Pennacchi nel ruolo di Mozart (lo vedrete sempre su Netflix ne L’incredibile storia dell’Isola delle Rose). Nel film c’è – forse – la prima scena italiana a base di Mexican standoff, più simile a quella di I segreti di Wind River che a quelle sdoganate da Tarantino. Ne ricordate altre nel nostro cinema?

I segreti di Wind River

La Belva funziona per un’ora e 28 minuti: non si spiega perché ci siano appiccicati altri quattro minuti di finalino mezzo videoclippato assolutamente superfluo che nulla aggiunge prima dei titoli di cosa. D’altronde, come abbiamo detto all’inizio, la sceneggiatura e i dialoghi (autori: Ludovico Di Martino, Nicola Ravera e Claudia De Angelis) sono il tasto dolente del film ma questo ormai è ordinaria amministrazione e differenzia i buoni film dagli ottimi film. Per non spoilerare lasciamo scrivere a voi nei commenti, se vi va, quali sono le scene inverosimili e i momenti poco credibili.

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(5) Commenti

  1. Niente male. Alla fin fine è un buon film d’azione che riesce a intrattenere lo spettatore e che, nonostante i suoi difetti, riesce comunque a essere compatto. Ottima recensione!

    1. Grazie, sicuramente più riuscito del Calabrone ; )

I commenti sono chiusi.

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