Italian cinema Recensione

Il ladro di giorni – Recensione del film con Riccardo Scamarcio

Il giorno della sua Prima Comunione Salvo (Augusto Zazzaro) rivede inaspettatamente il padre Vincenzo (Riccardo Scamarcio). Il ragazzino lo riconosce a stento, non vedendolo da quando due carabinieri lo portarono via, sette anni prima. Sua madre morì successivamente per problemi al cuore e il bimbo andò a vivere con la zia materna in Trentino (Vanessa Scalera).

L’errore più palese di questo film – diretto da Guido Lombardi (Là-bas – Educazione criminale, 2011) – sta proprio nel personaggio del figlio, piatto e scolorito, la cui scelta è caduta su un ragazzino grazioso che non riesce a dare forza ad un protagonista abbastanza insignificante per come è stato caratterizzato. Un bambino di cinque anni a cui hanno portato via il padre da un giorno all’altro e che ha perso la madre subito dopo dovrebbe avere un grosso ed evidente disagio. Invece è un bambino un po’ silenzioso, curioso, ribelle, come ce ne sono tanti. Dopo 105 minuti non si sa bene che dire di lui, dei suoi comportamenti e delle sue scelte. Naturalmente non è un problema del giovanissimo attore ma del suo regista, che ha scritto anche un libro da cui è tratta questa poco memorabile vicenda. In generale tutti i personaggi passano abbastanza inosservati, ad eccezione di Massimo Popolizio e di  Rosa Diletta Rossi, scippata ai criminali della serie Suburra. Dopo l’incipit ci si immagina un bambino ipersensibile e inquieto ma Salvo si limita a spiare la vita criminale del padre – a volte per circostanza, a volte per scelta – senza che questa lo sconvolga più di tanto, anzi in breve tempo ne subisce il fascino. Non c’è un grande scavo psicologico, in principio vorrebbe solo fuggire ma non fa altro che spostarsi qua e là vivendo urgenze tipo dover urinare e imprevisti come inciampare e cadere. Il conflitto col padre è reso in modo elementare con un campionario di espedienti abusati come il tema a scuola, il giocattolo (Goldrake), il libro (L’isola del tesoro), il tuffo (tipici tre momenti: all’inizio lo teme, a metà lo vuole affrontare, alla fine ci riesce). A questi si aggiungono altre figure scontate per rivelare l’identità di un personaggio ovvero il tatuaggio e il quadro. Ma la cosa desolante è che si tratta di un road movie – udite, udite – dal Nord Italia alla Puglia. Qualcuno è riuscito a tenere il conto di quanti ne abbiano girati? Siamo realmente molto felici che l’Apulia Film Commission aiuti così tanto il cinema italiano ma forse è il momento di selezionare con attenzione i progetti da sostenere per evitare di recare danni anziché giovare al nostro cinema. Anche se il film non eccelle in nulla – regia, fotografia, colonna sonora, montaggio sono tutti di servizio – il demerito principale va attribuito al progetto in sé. Un padre criminale che torna a riprendersi il figlio per farne la bella facciata dei suoi loschi traffici e in parallelo cercare vendetta su chi lo ha fatto finire in galera, con un finale pretestuoso e con totale assenza d’ironia (fatta eccezione per la scena del furto alle straniere). Un soggetto premiato al Solinas ben 12 anni fa…ma davvero non circola nulla di meglio sulle scrivanie dei produttori italiani?

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Peccato anche per Riccardo Scamarcio che negli ultimi anni ce la sta mettendo tutta per dimostrare di essere un attore di qualità. Ma dopo Romanzo criminale, Pericle il nero, Lo spietato (e anche Loro, Il testimone invisibile, Non sono un assassino) si ritrova ancora ad interpretare un delinquente. Forse il vero delitto è la scelta dei copioni.

Ladro Di Giorni

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